Il Giaguaro, il Vichingo e la Gazzella. Erano questi i soprannomi di Franco Mancini, Klaas Ingesson e Philemon Masinga. Tre calciatori provenienti da nazioni molto diverse tra loro, per storia e cultura. Tre uomini che hanno condiviso lo stesso spogliatoio e la stessa maglia, quella biancorossa. Tre simboli di un Bari che stupì l'Italia sul finire degli anni novanta e in più d'una occasione rese orgogliosi i propri tifosi. Ripensando a quella formazione emerge un album di ricordi che assumono ancor più valore ricordando i recenti tempi bui fatti di proclami, fallimenti, penalizzazioni e play-off persi.
Altra epoca, altri tempi si dirà. C'erano i Matarrese, sempre nel mirino della critica tranne quando le cose andavano bene e vigeva una sorta di tregua armata. C'era Fascetti, altrettanto poco amato nel capoluogo pugliese per via del suo carattere burbero e poco incline ai compromessi. Non c'erano i social, internet non aveva il peso che ha ora. Il rapporto squadra-tifosi era meno vistoso rispetto ad oggi. Per parlare con un calciatore l'unico modo possibile era incrociarlo per strada o agli allenamenti. Diventava ancor più difficile scambiare quattro chiacchiere nel caso fosse straniero. Quell'accento strano, quegli errori linguistici davanti alle telecamere che pure strappavano simpatia come nel caso di Masinga. Arrivato dalla Salernitana il sudafricano ci mise un po' di tempo per adattarsi alla serie A. Ma una volta inseritosi nel casino organizzato di Fascetti divenne, nonostante i tanti infortuni che ne hanno compromesso la carriera, un elemento imprescindibile. Proprio come Ingesson, arrivato un paio d'anni prima, la cui importanza nello spogliatoio verrà rivelata anni dopo da Vincenzo Matarrese. ll centrocampista scandinavo ebbe un ruolo fondamentale nella promozione in massima serie nella stagione 96/97 spronando duramente i compagni di squadra. Lì definì delle signorine e tanto bastò per stuzzicare l'orgoglio di un gruppo che a undici giornate dal termine del campionato era più vicino alla zona retrocessione che a quella promozione. Nell'estate del '97 arrivò oltre a Masinga anche il nuovo portiere titolare, Franco Mancini, un maestro nel neutralizzare i calci di rigore. Mancini si rivelò spesso decisivo con le sue parate. Non è un caso che nei tre anni in cui difese la porta biancorossa, il Bari ottenne sempre la salvezza. Memorabili le sue lacrime al termine di un Venezia-Bari del 2000 che sancì la permanenza nel massimo campionato.
Mancini, Ingesson e Masinga. Tre uomini veri, tre guerrieri che hanno onorato degnamente la maglia biancorossa morti prematuramente. A loro e alle loro famiglie, da parte della nostra redazione e da parte dei tanti supporter biancorossi sparsi per il globo, va un abbraccio caloroso. Bari non li dimenticherà mai.
di Francesco Serrone
fonte tuttobari.com