La più cocente, quella più dura, difficile da accettare. La più devastante sconfitta del Bari nei suoi 115 anni di storia. L’ennesimo spareggio della storia perduto. Più di Bari Catanzaro a Napoli nel 1970 quando un gol col braccio di Mammì definì il Catanzaro in A ed il Bari in B a cui seguì la comprensibile rabbia per una mancata promozione “rubata”, più degli spareggi di Bologna con l’Atalanta, più di altri spareggi per la promozione. Perché perdere ci stava pure, è nel DNA del Bari, i tifosi sono nati per soffrire e per ingoiare delusioni, però perdere al 94′ a soli 120 secondi dalla serie A fa male, molto male, malissimo.
Dall’illusione al dramma nel giro di un secondo, un maledetto secondo di uno degli ultimi minuti di recupero che ha decretato la beffa per i 60mila del San Nicola e la promozione del Cagliari in serie A.
All’inizio della partita c’era sicuramente un grande entusiasmo e una tensione palpabile nell’aria, probabilmente si respirava quella per cui non sarebbe stato facile, c’erano timori, si leggevano sui volti degli spettatori che non si sono mai mostrati spavaldi pur essendo pieni di speranza e fiducia nella squadra. Ogni azione, ogni passaggio e ogni tiro potevano significare il raggiungimento del traguardo tanto desiderato e i 60 mila non hanno fatto mai mancare il supporto, ma queste sono partite che si giocano in 180 minuti e, dunque, le regole, le tattiche vanno a farsi benedire così come il pareggio dell’andata con quel gol di Antenucci su rigore che sembrava aver illuso la piazza si è trasformato in pia illusione.
I cuori dei tifosi han battuto all’unisono con le pulsazioni della partita, sperando in un gol che avrebbe garantito la promozione del Bari. Ma il destino crudele era lì dietro l’angolo.
Quando il Cagliari ha segnato nel recupero, si è raggelato il sangue di tutti, tutto lo stadio è caduto in un momento di sconforto incredibile, nemmeno un urlo di dolore, solo gelido silenzio di incredulità per quel gol segnato nel recupero perché farsi beccare un gol dal Cagliari ci poteva stare, ma al 93′ no, è difficile da accettare. Forse sarebbe stato meglio se il Bari avesse perso a Cagliari per 1-0, probabilmente il Bari avrebbe giocato una gara d’attacco e, chissà, l’avrebbe vinta, così come, forse, sarebbe stato meglio subire il gol subito ad inizio primo tempo, il Bari avrebbe spinto di più e con la qualità un gol lo avrebbe trovato, ma il destino, e anche le responsabilità di tanti, hanno avuto la meglio.
Evidentemente, come abbiamo scritto da tempo, il Bari sconta i tanti gol fatti oltre il novantesimo durante il campionato. Forse sconta quello più atroce.
L’entusiasmo dei tifosi del Bari si è trasformato in un profondo senso di tristezza e amarezza. Quel gol ha rappresentato una beffa finale, un colpo duro che ha vanificato le speranze e i sogni di tanti.
Nel cuore dei tifosi baresi, si sono mescolati sentimenti di delusione, frustrazione e dispiacere. La consapevolezza che il Bari dovrà affrontare un altro anno in Serie B, nonostante l’arduo lavoro e la dedizione dimostrati dalla squadra, sarà dura da accettare. Ma si deve pur andare avanti.
Una gara giocata in modo troppo remissivo anche se non sono mancati i guizzi per far gol, si sapeva che il Cagliari avrebbe fatto la partita, che avrebbe dettato legge ma mai come questa volta sarebbe servito un altro modo di gestire il vantaggio del pareggio a Cagliari, ed invece Mignani ha preferito impostare la gara in una di contenimento spostandosi in avanti solo nelle intercapedini lasciate dal Cagliari ma senza sortire alcun effetto se non confezionando tre-quattro p...e gol.. Ma non ci sentiamo di gettare la croce addosso all’allenatore che nel corso del campionato ha dimostrato di saperci fare spesso coi cambi azzeccandoli quasi tutti, diciamo che lui, le gare topiche, ha preferito impostarle di contenimento piuttosto che di attacco e la legge del calcio lo ha punito, forse ingiustamente.
Si sapeva che il Cagliari avrebbe fatto una gara diversa dal Bari perché aveva un risultato solo per ottenere la promozione, e se l’è giocata fino in fondo. Queste sono gare che si giocano su equilibri precari, eppure il Cagliari non ha dominato il Bari, non ha prodotto tante occasioni gol, il temibile Lapadula ha fatto poco, pochissimo, ma il destino crudele ha deciso diversamente soprattutto col palo di Folorunsho e quell’occasione di Ricci sprecata ad inizio secondo tempo, ma anche con quel tiro di Benedetti a distanza ravvicinata dal portiere avversario, forse i primi vagiti del destino crudele ma che hanno detto, comunque, che il Bari non si è voluto chiudere per 90 minuti. Diciamo che avrebbe dovuto osare di più ma poi pensiamo all’apporto nullo dei suoi terminali che da mesi non ne stanno azzeccando più una, pensiamo a Cheddira tanto per fare un nome perché è bene mettere in evidenza chi ha le sue buone responsabilità anche se non è l’unico ovviamente Cheddira dal quale era lecito attendersi molto di più. Ed invece.
Dispiace che questa squadra era andata oltre i propri limiti e meritava di andare in A perché ha gettato sempre il cuore oltre l’ostacolo. Ha giocato con passione, tenacia, forza, caparbietà, ha vinto dieci gare in trasferta, è arrivata terza da neopromossa, ha costruito un’annata eccezionale, lo meritava. Per amor di verità occorre anche dire che il mercato di gennaio, al netto di Morachioli che è stata una sorpresa positiva, non ha aiutato a crescere, a dare quel valore aggiunto, Benali e Molina, nonostante le loro quasi 600 presenze tra A e B che avrebbero voluto dire garanzia di esperienza, non sono mai stati determinanti.
Siamo tutti distrutti, colpiti al cuore, facciamo fatica a scrivere anche se abbiamo la consapevolezza che questa squadra ha stupito tutti e ha svolto il compito come meglio non poteva.
La perdita della A probabilmente è figlia dell’atteggiamento spesso rinunciatario della squadra che ogni volta che ha giocato così ha quasi sempre perso punti per strada fino a perdere la gara di Bolzano e soprattutto la finale di stasera. Perché sapere che al 94′ eravamo in serie A fa male accettarlo.
Peccato perché è stato anche sfortunato in quanto si sono infortunati due giocatori, Di Cesare e Ceter che tra l’altro era appena entrato. E quando è uscito Di Cesare si è perso un po’ di smalto dietro.
Diciamo che è mancato il coraggio a Mignani soprattutto quello di far uscire Cheddira piuttosto che Esposito (è inspiegabile come si possa far uscire nelle ultime gare l’unico giocatore che ha convinto nell’ultimo periodo), poi c’è stata la sfortuna che ha dato il suo sporco contributo con l’infortunio di Di Cesare che se fosse rimasto probabilmente Pavoletti non avrebbe avuto il tempo per prendere quel maledetto pallone, poi il palo di Folorunsho, l’occasione di Ricci, gli errori di molti (Maita che perde palla in occasione del gol) e quindi l’esperienza del Cagliari e la furbizia del suo tecnico ha fatto il resto.
Poi la pioggia improvvisa un brutto presagio quasi fossero lacrime che avrebbero coperto i volti di uno dei due popoli. Ha coperto quello barese facendo calare sui volti dei tifosi sardi lacrime di gioia.
Ci chiediamo cosa abbiamo fatto di così tanto male, città, stampa e tifosi, per meritarci penalizzazioni, autogol venduti, due fallimenti, la serie D, ora una finale persa al 94′. Proprio non riusciamo a farcene una ragione Evidentemente qualche Dio ci ha adocchiato e ci fa camminare sotto cattive stelle.
Stasera si chiude un capitolo, questa è l’unica certezza. Bisogna capire se resta questa proprietà e poi occorrerà rifondare la squadra dal momento che alcuni sono arrivati al capolinea, altri torneranno alle case madri dai prestiti, altri ancora andranno a giocare in serie A, qualcun altro da cui ci si aspettava di più (pensiamo a Schiedler tanto per fare un nome). Rimarrà Polito? Chi lo sa, tante sono le nubi che appaiono all’orizzonte. Ma ora c’è da smaltire la delusione. E chissà quanto servirà. Un Bari in A avrebbe avuto un valore di acquisto notevole, in B varrà di meno. Speriamo che venga fatta la scelta giusta così da dare continuità alle ambizioni sia con i De Laurentiis sia con altre proprietà che, da nostre informazioni, sono già dietro l’angolo e sicuramente non sono locali, aggiungiamo per fortuna. Se ne facessero una ragione quelli che vogliono una proprietà locale così da salire sul loro carro e cominciare a bussare alle loro porte per clientelismo. Bussare a fondi stranieri, per costoro, sarà molto complicato vedersi aprire le porte.
Ma per favore che nessuno dica che De Laurentiis non voleva andare in serie A: chi lo dice è in malafede, sciocco complottista, e spinto dal rancore verso la famiglia per le note privazioni di privilegi, dunque si tratta di gentaglia non attendibile. Noi, in particolare chi vi scrive, rifugge dal complottismo e dai seguaci di tale presunta situazione e chi lo invoca non merita alcuna risposta, ché si parlassero tra di loro per sfogare le loro frustrazioni. Grazie a loro il Bari è arrivato in finale playoff dopo tristi ed umilianti gare di serie D. Del resto, Caprile non avrebbe parato due tiri difficilissimi, Folorunsho non avrebbe preso la trasversa. Se quel tiro di Ricci ad inizio primo tempo o se quel palo di Folorunsho fosse entrato a quest’ora i soliti detrattori starebbero parlando di altro sia pur a malincuore e col freno a mano tirato. Altro che De Laurentiis non vuole andare in serie A.
Massimo Longo