Enzo Tamborra e il Bari: ecco perché la squadra dei senatori non ha il passo giusto per la serie B
Stefano Colantuono
La storia insegna che bisogna tornare a investire sui giovani: nel frattempo, come ha detto il nuovo mister Colantuono subentrato a Stellone, ai giocatori non resta che lavorare tantissimo
di ENZO TAMBORRA
Se non corre, il Bari mai decollato con Stellone, non spiccherà il volo neppure con Colantuono. Il debutto sulla panchina biancorossa del commissario Montalbano degli allenatori, ha confermato che la squadra allestita questa estate con una invidiabile collezione di nomi, non ha per il momento il passo per essere protagonista in B.
Contro lo Spezia, Moras e compagni ci hanno provato per un tempo a essere aggressivi e intensi come aveva ordinato il nuovo condottiero, ma dopo l'intervallo hanno pagato lo sforzo e i ragazzini dello Spezia hanno preso il sopravvento sui senatori del Bari. Il problema è che non puoi essere quello che non sei. La storia recente della B, dimostra che vince chi corre più degli altri e affina negli anni un progetto di gioco. Non basta chiamarsi Bari per fare la differenza.
Altrimenti, giusto per restare alle scorse due stagioni, non sarebbero salite di categoria squadre come Carpi e Frosinone, per non parlare del Crotone. Con Spal e Benevento già pronte ad emularle. Nel suo piccolo, un'impresa del genere la stava portando a termine il Bari sull'orlo del fallimento. Non potendo permettersi nomi eclatanti, il direttore sportivo Guido Angelozzi già nelle due stagioni precedenti aveva iniziato con Torrente in panchina a costruire una squadra che assemblasse, intorno ad un'identità tattica ben precisa (il 4-3-3) giovani dei grandi club venuti a Bari per farsi le ossa e giocatori in cerca di rilancio.
Nella terza stagione, la scossa emotiva di un fallimento alle porte ha fatto solo da detonatore a un progetto che però c'era eccome. Da quando il Bari è Football Club 1908 così come l'Inter, sembra essere diventata la versione cadetta della società nerazzurra. In cinque sessioni di mercato, tra quello estivo e l'altro invernale, sono arrivati una sessantina di giocatori, si sono avvicendati cinque tecnici, ma non si è mai formata la squadra.
L'ansia da prestazione fa brutti scherzi, perché la fretta di vincere non è mai buona consigliera. Prima Paparesta ed ora Giancaspro avrebbero dovuto convincere i tifosi che i successi si costruiscono mattone dopo mattone, e non pensando di acquistare il palazzo già pronto. In altri tempi, sarebbe venuto in soccorso il settore giovanile, vera e propria miniera nell'era Matarrese. Ma il vivaio dei Cassano e dei Ventola, per quanto sia al centro di un interessante processo di ricostruzione, non può che risentire degli anni difficili vissuti dal club nella fase che ha portato al fallimento.
Che si debba tornare a investire fortemente sui giovani, lo dice la storia stessa del Bari. Aspettando tempi migliori, a questo Bari che arranca in una B mediocre, non resta che "lavorare tantissimo", come ha detto Colantuono con gli occhi smarriti che dicevano più delle sue parole.
fonte Repubblica - ed. Bari
Stefano Colantuono
La storia insegna che bisogna tornare a investire sui giovani: nel frattempo, come ha detto il nuovo mister Colantuono subentrato a Stellone, ai giocatori non resta che lavorare tantissimo
di ENZO TAMBORRA
Contro lo Spezia, Moras e compagni ci hanno provato per un tempo a essere aggressivi e intensi come aveva ordinato il nuovo condottiero, ma dopo l'intervallo hanno pagato lo sforzo e i ragazzini dello Spezia hanno preso il sopravvento sui senatori del Bari. Il problema è che non puoi essere quello che non sei. La storia recente della B, dimostra che vince chi corre più degli altri e affina negli anni un progetto di gioco. Non basta chiamarsi Bari per fare la differenza.
Altrimenti, giusto per restare alle scorse due stagioni, non sarebbero salite di categoria squadre come Carpi e Frosinone, per non parlare del Crotone. Con Spal e Benevento già pronte ad emularle. Nel suo piccolo, un'impresa del genere la stava portando a termine il Bari sull'orlo del fallimento. Non potendo permettersi nomi eclatanti, il direttore sportivo Guido Angelozzi già nelle due stagioni precedenti aveva iniziato con Torrente in panchina a costruire una squadra che assemblasse, intorno ad un'identità tattica ben precisa (il 4-3-3) giovani dei grandi club venuti a Bari per farsi le ossa e giocatori in cerca di rilancio.
Nella terza stagione, la scossa emotiva di un fallimento alle porte ha fatto solo da detonatore a un progetto che però c'era eccome. Da quando il Bari è Football Club 1908 così come l'Inter, sembra essere diventata la versione cadetta della società nerazzurra. In cinque sessioni di mercato, tra quello estivo e l'altro invernale, sono arrivati una sessantina di giocatori, si sono avvicendati cinque tecnici, ma non si è mai formata la squadra.
L'ansia da prestazione fa brutti scherzi, perché la fretta di vincere non è mai buona consigliera. Prima Paparesta ed ora Giancaspro avrebbero dovuto convincere i tifosi che i successi si costruiscono mattone dopo mattone, e non pensando di acquistare il palazzo già pronto. In altri tempi, sarebbe venuto in soccorso il settore giovanile, vera e propria miniera nell'era Matarrese. Ma il vivaio dei Cassano e dei Ventola, per quanto sia al centro di un interessante processo di ricostruzione, non può che risentire degli anni difficili vissuti dal club nella fase che ha portato al fallimento.
Che si debba tornare a investire fortemente sui giovani, lo dice la storia stessa del Bari. Aspettando tempi migliori, a questo Bari che arranca in una B mediocre, non resta che "lavorare tantissimo", come ha detto Colantuono con gli occhi smarriti che dicevano più delle sue parole.
fonte Repubblica - ed. Bari
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