Ma se io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto e attuali conclusioni. Per chi vuole ascoltare o leggere e a xxxx tutto il resto.
Sono vietate le offese per il quale c'è il ban immediato.
Nel mondo del calcio, le opinioni e le simpatie per i dirigenti e i proprietari dei club possono essere molto soggettive. Alcuni potrebbero essere critici nei confronti dei De Laurentiis per ragioni legate a scelte di gestione, politiche sportive o anche questioni personali, altri perché spinti da sentimenti diffusi di frustrazione nel vederli raggiungere obiettivi prestigiosi, naturalmente considerano la dimensione entro cui lavorano (Napoli, ad esempio, storicamente non è mai stata una società da prime posizioni se non con Maradona e coi De Laurentiis, non paragonabile alle strisciate che da sempre sguazzano tra le prime posizioni anche se ai limiti della legalità, anzi, in alcuni casi anche oltre) coi bilanci in ordine differentemente da altri club che si indebitano fin oltre al collo (l'Inter, così, giusto per la cronaca, è indebitata per oltre un miliardo e duecento milioni e continuano a farla iscrivere, mentre il Bari o la Reggina con ottocentomila-due milioni di euro di debito le scaraventano in D, mentre addirittura il Lecco rischia di non fare la B per lo stadio) e non vincono nulla se non uno scudettino una tantum, (fanno eccezioni quelle squadre che vincono dieci scudetti di fila con le truffe). È possibile che alcune persone siano gelose dei successi ottenuti dalla famiglia De Laurentiis o possano vedere i loro metodi di gestione come poco tradizionali o discutibili per i loro gusti perché sospinti da indigestione personale verso di loro e non, magari, per una motivazione oggettivamente e rispettabilmente criticabile. E a quanto leggo qua e là, ce ne sono tanti, chi tifosi di strisciate pronti a fucilare ogni mossa dubbia dei De Laurentiis, sia tifosi che non li sopportano, sia chi li criticano per altri motivi (questi ultimi da me rispettati). Non parliamo di 4 persone, ma di tantissimi.
D'altra parte, è anche vero che la famiglia De Laurentiis ha dimostrato di saper gestire i club in modo efficiente, ottenendo risultati positivi coi bilanci sani, tanto da arrivare sempre tra le prime quattro, partecipazioni ogni anno nelle competizioni europee fino ad arrivare vicini alle finali, con la ciliegina sulla torta dello scudetto. Senza debiti. Con i fegati che rodono.
Il fatto che paghino le tasse puntualmente, che siano in regola con l'iscrizione ai campionati e che non incorrano in penalità o in fallimenti, è sicuramente un aspetto lodevole che, forse, fa versare succhi di bile a tanti, perché non si spiega diversamente tanto astio verso una famiglia che gestisce società di calcio in modo esemplare. Perché parlare così vuol dire parlare coi fatti e non perché si è filosocietari, lo dico per qualche imbecille che ancora mi assoggetta alla società. Quando, e se, mi dimostrerete il contrario sarò felice di cospargermi il capo di cenere. Ma temo che non accadrà mai. Ribadisco ancora una volta che il sottoscritto dalla società riceve solo cordiale indifferenza e le notizie dall'Ufficio stampa al pari di tutti i colleghi. Questo sempre rivolgendomi ai 4 imbecilli che pensano a male.
Tuttavia, nel mondo del calcio, le emozioni e le passioni possono spesso influenzare le opinioni delle persone. Le rivalità storiche, l'invidia o anche la semplice preferenza per altre squadre o proprietari possono giocare un ruolo nel modo in cui alcune persone percepiscono i De Laurentiis.
Quello che da sempre, antropologicamente, si percepisce in tutto il suo splendore qui a Bari è l'etichetta di città provinciale, nel senso di “minus”, e la mancanza di un'immagine metropolitana. È importante ricordare, però, che l'etichetta di "città provinciale" non è necessariamente negativa e non dovrebbe definire interamente l'identità di una città, ma chi denigra i De Laurentiis tendono a dare dei “provinciali” ai tifosi del Bari che credono nella famiglia, naturalmente in senso dispregiativo perché per costoro essere tifosi del Bari è da volgari provinciali. Stanno parlando proprio loro, baresi, che tifano per le strisciate da sempre, appunto, il non plus ultra del provincialismo, come gli abitanti di Nardò o di Ortanova o di Poggiorsini coi loro Milan club, Inter club o Juve club, tipico atteggiamento da provinciale. E si permettono di dare del provinciale, in tono dispregiativo, ai baresi che tifano Bari. Strano il mondo a volte.
Bari è la capitale della regione Puglia ed è un importante centro economico e culturale nella zona. Ha una storia millenaria, un patrimonio culturale ricco anche se ultimamente un po' sbiadito ma sempre vivido, e un ruolo significativo nel contesto regionale e nazionale. Ogni città ha le proprie caratteristiche e peculiarità che la rendono unica, e Bari non fa eccezione. Ed il calcio, se gestito in modo oculare e con abilità, potrebbe contribuire a darne una spinta decisiva per il decollo verso altri lidi più consoni ad una città che, nella sua metropolitanità, conta un milione e trecentomila abitanti, mica 28mila come Empoli.
Invece a Bari è così, c’è poco da fare. Si cerca di disfarsi di questo status di potenziale città cosmopolita, a Bari non si accetta lo straniero, il forestiero, colui che osa prendere le redini di un qualcosa che apparitene geneticamente alla gente locale per darne lustro, no. A Bari si preferisce consegnare la “cosa barese” ai baresi, magari senza grosse disponibilità economiche che promettono mari e monti, che promettono di far diventare il Bari come la Juventus del Sud o di fare entrare il Bari in Europa dalla porta principale ed invece lo dirottano verso i fallimenti, così da poter aver le porte aperte per una massiccia dose di clientelismo che il forestiero non garantirebbe mai. Perché a certi baresi questo piace. Del resto si veda cosa fanno i De Laurentiis a Napoli: hanno vietato da sempre l’elargizione dei biglietti gratuiti ai tifosi di curva, non hanno agganci con la politica, men che meno con il sindaco (non ne avevano nemmeno con De Magistris & C.), e questo provoca loro un gran versamento di bile fino a sfociare nell’odio verso la proprietà.
Preciso, per i diffidenti, che Luigi De Laurentiis intrattiene solo dei rapporti di buon vicinato con il Sindaco barese ma senza tornaconti personali. Tra l’altro il Sindaco Decaro sottoscrive da sempre regolare abbonamento allo stadio, giusto per la cronaca, al pari di assessori e consiglieri comunali cosa che, ricorderete, non accadeva coi Matarrese e successori. L’evidenza dice questo, e chi pensa il contrario è in chiara malafede. E nessuno mi venga ad eccepire che io sia pro società o pro sindaco: io sono abituato a parlare coi fatti, e i fatti mi inducono a dire, con assoluta certezza, che i De Laurentiis hanno prodotto risultati qui a Bari, non ne parliamo a Napoli, e poi io non volto PD essendo un elettore di sinistra (dico sinistra, non quel coacervo di riciclati e di scarti che è il centrosinistra). Poi datemi pure del filo societario, evidentemente avete dei problemi di comprensione, non riuscite a capire, fatevi vedere da un buon medico.
E questo, a Bari, dà molto fastidio perché i forestieri, per costoro, sono veri e propri invasori, dei barbari, dei saraceni che non si lasciano corrompere da nessuno. Del resto Bari, in fondo, nonostante il suo status di città metropolitana e le sue potenziali attrattive turistico-culturali, è pur sempre un grande paesone che vive di questi miseri espedienti per emergere dal nulla più totale. E neppure il taumaturgo Nicola da Myra può fare tanto, lui protettore dei forestieri. Tant'è che molti tifosi non riconoscono nemmeno il proprio santo protettore, salvo, però, ipocritamente andare alla messa della notte del sei dicembre a venerarlo al sorso di una cioccolata calda o perdersi tra le bancarelle delle nocelline dell'otto maggio. Le contraddizioni tutte baresi. Venerano San Nicola amante dei forestieri, dicono che l'accoglienza è la loro prerogativa, ma non sopportano i De Laurentiis. Valli a capire.
Lungi da me, naturalmente, difendere la società anche perché spesso, non ultimo proprio due giorni fa, l'ho criticata per il suo ingiustificato silenzio, il mio è solo un esercizio descrittivo di ciò che avviene in questa città dove l’imperativo è abbattere chi sta tentando di costruire qualcosa di bello, di positivo, di ambizioso, nel nostro caso la squadra di calcio che dei loschi faccendieri, dei miserabili, dei farabutti, degli insensibili e degli incoscienti l’hanno mandata all’inferno con l’aiuto dei suddetti “tifosi” che di passione non hanno nulla se non opportunismo, i quali, in genere, fanno crociate verso chiunque, forestiero, che provi a dar lustro alla città: aziende, catene di negozi, vedasi Eataly e i mal di pancia verso il torinese Farinetti, la Fiera del Levante e gli scomodi bolognesi che hanno stretto i rubinetti dei biglietti gratis, Benetton in Via Sparano non visto di buon occhio e tanti altri marchi e brand poco accettati.
Insomma, tutto ciò che viene intaccato da forestieri che cercano, investendo capitali, di dare una mano a far tornare a brillare la città, magari anche sbagliando, non viene mai accettato in pieno da certi baresi con il vizio levantino.
Io credo che Bari non sia ancora pronta - per la verità non lo è mai stata - ad accogliere un forestiero pronto a contribuire, investendo soldi propri per un progetto ed un obiettivo preciso e con un occhio ai bilanci, ad elevare la città dal rango di città paesana, provinciale, ad un altro più moderno, cosmopolita, più idoneo al suo status di città metropolitana a cui piace presentarsi al turista con la birra peroni tra le dita, magari col mignolo alzato, col panzerotto di Largo Albicocca, con la focaccia con puntuale pomodoro gettato per terra, col polpo, col fuorviante striscione “Sii felice sei a Bari”, con la sgagliozza, con le popizze, con Nunzia delle orecchiette, con le bancarelle della sagra paesana di San Nicola, con le fornacelle abusive, cona le “cassanate” di Antonio Cassano e quant'altro che fanno di Bari un grosso paese. Perché il mondo intero così ci rappresenta e noi ne siamo contenti e soddisfatti. Perché ai baresi che non amano De Laurentiis questo piace.
E allora sapete cosa vi dico? E lo dico davvero: nella speranza che mi leggano, mi auguro che i De Laurentiis ci ripensino nell'investire nel calcio a Bari. Che vadano via, che ci lascino agli imprenditoruncoli di Spinazzola o di Valenzano, che non cedessero il Bari ai fondi americani o arabi. Tra i tifosi c'è gente che pagherebbe per tornare a sguazzare nella mediocrità coi rischi di fallimento, con il ritorno al clientelismo, senza dimenticare gli avversari strisciati della famiglia che, salpando da Bari, leverebbero il disturbo pda una potenziale concorrenza calcistica. Mai sia il Bari si consolida in A, magari va in Europa perché al barese tifoso del Milan gli prende una goccia, come diciamo a Bari. Perché è così. Inutile prenderci in giro. Inutile che qualcuno se la prende, perché questa è la verità, questa è la foto di Bari oggi, e soprattutto questa è la dimensione di Bari che prende sullo stomaco chi decide di “toccare” le cose baresi per darne lustro. Si vuole andare in serie A, si chiede l'Europa, si proclama che “meritiamo di più” che “Bari merita rispetto” da sempre e poi preferisce tornare a gestioni familiari con tutto ne consegue. Le stranezze baresi. Si fa per dire, perché di strano non c'è nulla, è tutto chiaro e cristallino. Il disegno è ben evidente. Faccio bene, io, ad avere simpatie per il Toro, squadra non strisciata e tendenzialmente sfigata. Ne sono orgoglioso.
Obiettivo per costoro, con la loro strategia del “Regime dell'insopportazione” in stile Rivoluzione francese, è cercare di far breccia nella Bastiglia di Via Torrebella alla conquista della ricotta perduta. Quella skuanta, ovviamente. Così da fallire un’altra volta. Del resto come diceva Samuel Beckett: “Ho fallito, non importa, riproverò, fallirò meglio“.
E' inutile, rustica progenie sempre villana fuit. C'è niente da fare.
Sono vietate le offese per il quale c'è il ban immediato.
Nel mondo del calcio, le opinioni e le simpatie per i dirigenti e i proprietari dei club possono essere molto soggettive. Alcuni potrebbero essere critici nei confronti dei De Laurentiis per ragioni legate a scelte di gestione, politiche sportive o anche questioni personali, altri perché spinti da sentimenti diffusi di frustrazione nel vederli raggiungere obiettivi prestigiosi, naturalmente considerano la dimensione entro cui lavorano (Napoli, ad esempio, storicamente non è mai stata una società da prime posizioni se non con Maradona e coi De Laurentiis, non paragonabile alle strisciate che da sempre sguazzano tra le prime posizioni anche se ai limiti della legalità, anzi, in alcuni casi anche oltre) coi bilanci in ordine differentemente da altri club che si indebitano fin oltre al collo (l'Inter, così, giusto per la cronaca, è indebitata per oltre un miliardo e duecento milioni e continuano a farla iscrivere, mentre il Bari o la Reggina con ottocentomila-due milioni di euro di debito le scaraventano in D, mentre addirittura il Lecco rischia di non fare la B per lo stadio) e non vincono nulla se non uno scudettino una tantum, (fanno eccezioni quelle squadre che vincono dieci scudetti di fila con le truffe). È possibile che alcune persone siano gelose dei successi ottenuti dalla famiglia De Laurentiis o possano vedere i loro metodi di gestione come poco tradizionali o discutibili per i loro gusti perché sospinti da indigestione personale verso di loro e non, magari, per una motivazione oggettivamente e rispettabilmente criticabile. E a quanto leggo qua e là, ce ne sono tanti, chi tifosi di strisciate pronti a fucilare ogni mossa dubbia dei De Laurentiis, sia tifosi che non li sopportano, sia chi li criticano per altri motivi (questi ultimi da me rispettati). Non parliamo di 4 persone, ma di tantissimi.
D'altra parte, è anche vero che la famiglia De Laurentiis ha dimostrato di saper gestire i club in modo efficiente, ottenendo risultati positivi coi bilanci sani, tanto da arrivare sempre tra le prime quattro, partecipazioni ogni anno nelle competizioni europee fino ad arrivare vicini alle finali, con la ciliegina sulla torta dello scudetto. Senza debiti. Con i fegati che rodono.
Il fatto che paghino le tasse puntualmente, che siano in regola con l'iscrizione ai campionati e che non incorrano in penalità o in fallimenti, è sicuramente un aspetto lodevole che, forse, fa versare succhi di bile a tanti, perché non si spiega diversamente tanto astio verso una famiglia che gestisce società di calcio in modo esemplare. Perché parlare così vuol dire parlare coi fatti e non perché si è filosocietari, lo dico per qualche imbecille che ancora mi assoggetta alla società. Quando, e se, mi dimostrerete il contrario sarò felice di cospargermi il capo di cenere. Ma temo che non accadrà mai. Ribadisco ancora una volta che il sottoscritto dalla società riceve solo cordiale indifferenza e le notizie dall'Ufficio stampa al pari di tutti i colleghi. Questo sempre rivolgendomi ai 4 imbecilli che pensano a male.
Tuttavia, nel mondo del calcio, le emozioni e le passioni possono spesso influenzare le opinioni delle persone. Le rivalità storiche, l'invidia o anche la semplice preferenza per altre squadre o proprietari possono giocare un ruolo nel modo in cui alcune persone percepiscono i De Laurentiis.
Quello che da sempre, antropologicamente, si percepisce in tutto il suo splendore qui a Bari è l'etichetta di città provinciale, nel senso di “minus”, e la mancanza di un'immagine metropolitana. È importante ricordare, però, che l'etichetta di "città provinciale" non è necessariamente negativa e non dovrebbe definire interamente l'identità di una città, ma chi denigra i De Laurentiis tendono a dare dei “provinciali” ai tifosi del Bari che credono nella famiglia, naturalmente in senso dispregiativo perché per costoro essere tifosi del Bari è da volgari provinciali. Stanno parlando proprio loro, baresi, che tifano per le strisciate da sempre, appunto, il non plus ultra del provincialismo, come gli abitanti di Nardò o di Ortanova o di Poggiorsini coi loro Milan club, Inter club o Juve club, tipico atteggiamento da provinciale. E si permettono di dare del provinciale, in tono dispregiativo, ai baresi che tifano Bari. Strano il mondo a volte.
Bari è la capitale della regione Puglia ed è un importante centro economico e culturale nella zona. Ha una storia millenaria, un patrimonio culturale ricco anche se ultimamente un po' sbiadito ma sempre vivido, e un ruolo significativo nel contesto regionale e nazionale. Ogni città ha le proprie caratteristiche e peculiarità che la rendono unica, e Bari non fa eccezione. Ed il calcio, se gestito in modo oculare e con abilità, potrebbe contribuire a darne una spinta decisiva per il decollo verso altri lidi più consoni ad una città che, nella sua metropolitanità, conta un milione e trecentomila abitanti, mica 28mila come Empoli.
Invece a Bari è così, c’è poco da fare. Si cerca di disfarsi di questo status di potenziale città cosmopolita, a Bari non si accetta lo straniero, il forestiero, colui che osa prendere le redini di un qualcosa che apparitene geneticamente alla gente locale per darne lustro, no. A Bari si preferisce consegnare la “cosa barese” ai baresi, magari senza grosse disponibilità economiche che promettono mari e monti, che promettono di far diventare il Bari come la Juventus del Sud o di fare entrare il Bari in Europa dalla porta principale ed invece lo dirottano verso i fallimenti, così da poter aver le porte aperte per una massiccia dose di clientelismo che il forestiero non garantirebbe mai. Perché a certi baresi questo piace. Del resto si veda cosa fanno i De Laurentiis a Napoli: hanno vietato da sempre l’elargizione dei biglietti gratuiti ai tifosi di curva, non hanno agganci con la politica, men che meno con il sindaco (non ne avevano nemmeno con De Magistris & C.), e questo provoca loro un gran versamento di bile fino a sfociare nell’odio verso la proprietà.
Preciso, per i diffidenti, che Luigi De Laurentiis intrattiene solo dei rapporti di buon vicinato con il Sindaco barese ma senza tornaconti personali. Tra l’altro il Sindaco Decaro sottoscrive da sempre regolare abbonamento allo stadio, giusto per la cronaca, al pari di assessori e consiglieri comunali cosa che, ricorderete, non accadeva coi Matarrese e successori. L’evidenza dice questo, e chi pensa il contrario è in chiara malafede. E nessuno mi venga ad eccepire che io sia pro società o pro sindaco: io sono abituato a parlare coi fatti, e i fatti mi inducono a dire, con assoluta certezza, che i De Laurentiis hanno prodotto risultati qui a Bari, non ne parliamo a Napoli, e poi io non volto PD essendo un elettore di sinistra (dico sinistra, non quel coacervo di riciclati e di scarti che è il centrosinistra). Poi datemi pure del filo societario, evidentemente avete dei problemi di comprensione, non riuscite a capire, fatevi vedere da un buon medico.
E questo, a Bari, dà molto fastidio perché i forestieri, per costoro, sono veri e propri invasori, dei barbari, dei saraceni che non si lasciano corrompere da nessuno. Del resto Bari, in fondo, nonostante il suo status di città metropolitana e le sue potenziali attrattive turistico-culturali, è pur sempre un grande paesone che vive di questi miseri espedienti per emergere dal nulla più totale. E neppure il taumaturgo Nicola da Myra può fare tanto, lui protettore dei forestieri. Tant'è che molti tifosi non riconoscono nemmeno il proprio santo protettore, salvo, però, ipocritamente andare alla messa della notte del sei dicembre a venerarlo al sorso di una cioccolata calda o perdersi tra le bancarelle delle nocelline dell'otto maggio. Le contraddizioni tutte baresi. Venerano San Nicola amante dei forestieri, dicono che l'accoglienza è la loro prerogativa, ma non sopportano i De Laurentiis. Valli a capire.
Lungi da me, naturalmente, difendere la società anche perché spesso, non ultimo proprio due giorni fa, l'ho criticata per il suo ingiustificato silenzio, il mio è solo un esercizio descrittivo di ciò che avviene in questa città dove l’imperativo è abbattere chi sta tentando di costruire qualcosa di bello, di positivo, di ambizioso, nel nostro caso la squadra di calcio che dei loschi faccendieri, dei miserabili, dei farabutti, degli insensibili e degli incoscienti l’hanno mandata all’inferno con l’aiuto dei suddetti “tifosi” che di passione non hanno nulla se non opportunismo, i quali, in genere, fanno crociate verso chiunque, forestiero, che provi a dar lustro alla città: aziende, catene di negozi, vedasi Eataly e i mal di pancia verso il torinese Farinetti, la Fiera del Levante e gli scomodi bolognesi che hanno stretto i rubinetti dei biglietti gratis, Benetton in Via Sparano non visto di buon occhio e tanti altri marchi e brand poco accettati.
Insomma, tutto ciò che viene intaccato da forestieri che cercano, investendo capitali, di dare una mano a far tornare a brillare la città, magari anche sbagliando, non viene mai accettato in pieno da certi baresi con il vizio levantino.
Io credo che Bari non sia ancora pronta - per la verità non lo è mai stata - ad accogliere un forestiero pronto a contribuire, investendo soldi propri per un progetto ed un obiettivo preciso e con un occhio ai bilanci, ad elevare la città dal rango di città paesana, provinciale, ad un altro più moderno, cosmopolita, più idoneo al suo status di città metropolitana a cui piace presentarsi al turista con la birra peroni tra le dita, magari col mignolo alzato, col panzerotto di Largo Albicocca, con la focaccia con puntuale pomodoro gettato per terra, col polpo, col fuorviante striscione “Sii felice sei a Bari”, con la sgagliozza, con le popizze, con Nunzia delle orecchiette, con le bancarelle della sagra paesana di San Nicola, con le fornacelle abusive, cona le “cassanate” di Antonio Cassano e quant'altro che fanno di Bari un grosso paese. Perché il mondo intero così ci rappresenta e noi ne siamo contenti e soddisfatti. Perché ai baresi che non amano De Laurentiis questo piace.
E allora sapete cosa vi dico? E lo dico davvero: nella speranza che mi leggano, mi auguro che i De Laurentiis ci ripensino nell'investire nel calcio a Bari. Che vadano via, che ci lascino agli imprenditoruncoli di Spinazzola o di Valenzano, che non cedessero il Bari ai fondi americani o arabi. Tra i tifosi c'è gente che pagherebbe per tornare a sguazzare nella mediocrità coi rischi di fallimento, con il ritorno al clientelismo, senza dimenticare gli avversari strisciati della famiglia che, salpando da Bari, leverebbero il disturbo pda una potenziale concorrenza calcistica. Mai sia il Bari si consolida in A, magari va in Europa perché al barese tifoso del Milan gli prende una goccia, come diciamo a Bari. Perché è così. Inutile prenderci in giro. Inutile che qualcuno se la prende, perché questa è la verità, questa è la foto di Bari oggi, e soprattutto questa è la dimensione di Bari che prende sullo stomaco chi decide di “toccare” le cose baresi per darne lustro. Si vuole andare in serie A, si chiede l'Europa, si proclama che “meritiamo di più” che “Bari merita rispetto” da sempre e poi preferisce tornare a gestioni familiari con tutto ne consegue. Le stranezze baresi. Si fa per dire, perché di strano non c'è nulla, è tutto chiaro e cristallino. Il disegno è ben evidente. Faccio bene, io, ad avere simpatie per il Toro, squadra non strisciata e tendenzialmente sfigata. Ne sono orgoglioso.
Obiettivo per costoro, con la loro strategia del “Regime dell'insopportazione” in stile Rivoluzione francese, è cercare di far breccia nella Bastiglia di Via Torrebella alla conquista della ricotta perduta. Quella skuanta, ovviamente. Così da fallire un’altra volta. Del resto come diceva Samuel Beckett: “Ho fallito, non importa, riproverò, fallirò meglio“.
E' inutile, rustica progenie sempre villana fuit. C'è niente da fare.