Venezia per sognare, Bari per allontanare l’incubo della C evitando di affondare in laguna. Alla fine, come nelle previsioni, ha prevalso il sogno all’incubo, e Venezia, come nella celebre canzone di Aznavour, è diventata tanto, tantissimo triste, del resto il Bari non è nuovo ai naufragi in laguna con tremende conseguenze. Troppo forte il Venezia, troppo debole, ma soprattutto non competitivo, il Bari nonostante una fiammata di orgoglio venuta fuori dopo il secondo gol subito, perché quest’anno la squadra nel suo complesso è risultata altamente limitata in tutto nonostante i giocatori arrivati a luglio e a gennaio, i tanti allenatori cambiati, i tanti moduli ed esperimenti provati, insomma, si era capito che quest’anno sarebbe stata dura, e per chi avesse voluto un’ennesima dimostrazione, la gara di oggi ne è stata un’altra prova, forse quella che colpisce al cuore delle speranze anche in considerazione del calendario assai proibitivo.
Peccato perché il Bari aveva gettato le basi per un recupero del risultato in extremis, aveva giocato pure bene, ci aveva provato a tirare differentemente da precedenti gare dove i tiri in porta son sembrati miraggi, ma nemmeno questo tipo di Bari ha potuto far nulla. E’ un anno no, se ne deve prendere atto una volta per tutte, occorre abbandonare l’idea dei playoff una volta per tutte e si deve solo sperare in una miracolosa salvezza votandosi a qualche santo o qualche divinità, perché passi il concetto che non si facciano punti non giocando e non tirando in porta, ma che non se ne riescano a fare pure tirando in porta e giocando discretamente allora si comprende bene che la paura cresce e i tanti dubbi sulla qualità della rosa si dissipano. Senza dimenticare che il Bari dovrà affrontare ancora Como, Cremonese, Parma e Sampdoria dove si prevedono zero punti, almeno sulla carta.
Bari in caduta libera, quinta sconfitta consecutiva in trasferta, solo un punto nelle ultime tre gare, terza sconfitta nelle ultime quattro gare, insomma, e allora niente alibi, la colpa non è né di Mignani, né di Marino, né tanto meno di Iachini. Lo abbiamo già scritto tante volte e lo ribadiamo anche adesso.
Una sconfitta, peraltro, prevedibile, perché i miracoli non accadono per due anni consecutivi, sono stati abbastanza quelli dello scorso anno, ma con questo Bari che non tira in porta e perde, gioca meglio, tira in porta e perde lo stesso, c’è poco da scrutare orizzonti. Non vogliamo creare allarmi ma è bene prepararsi al peggio adesso, quattro punti sulla Ternana, i playout ad un soffio, c’è poco da essere ottimisti. Forse sarebbe il caso di star vicini tutti alla squadra, abbandonare asce da guerra e contestazioni perché occorre supportare la squadra nel difficile compito della salvezza.
Anche oggi una gara che ha dimostrato le lacune nell’approccio con due gol subiti nei primi quindici minuti, due gol pressoché fotocopia subiti sugli sviluppi di corner e messi a segno da distanza ravvicinata da Brenno, poi il Bari ha provato ad entrare in partita, ha avuto le occasioni per segnare, ma le ha sbagliate, poi inevitabilmente, come spesso accade nel calcio – nel Bari in particolare – ha subito il terzo gol.
Nel finale di gara abbiamo visto un Bari con poco mordente che ha ammainato quella flebile bandiera che stava sventolando. E’ assurdo come negli ultimi minuti riesca a non incutere alcun timore agli avversari, anzi subisce, e oggi il Venezia è finanche riuscito a fare il terzo gol quando invece una squadra sotto di un gol dovrebbe lottare fino all’ultima goccia di sangue, dovrebbe far tremare gli avversari così come han fatto Lecco e Feralpi a Bari, prima di arrendersi, ed invece i baresi hanno pensato bene a dare speranze ai lagunari. Ma dove si vuole andare così?
Ora bisogna entrare nell’ottica dell’idea che è necessario giocare alla morte, lo fanno la Ferlapi e lo Spezia, lo sta facendo l’Ascoli, lo deve fare il Bari nonostante indossi un’armatura vulnerabile. La cosa che lascia un velo di paura è che questa squadra, costruita male e aggiustata peggio a gennaio, non è stata costruita per la salvezza, e non sappiamo come potrebbe gestire le ultime nove gare.
A nulla sono serviti tre allenatori. Ognuno con un modulo proprio, un personale marchio di fabbrica per una squadra costruita (malissimo) per il 4-3-3. Non è possibile avere quattro esterni d’attacco in rosa, due esterni cosiddetti “quinti”, e giocare con due attaccanti che, poi, non sono attaccanti puri con Sibilli dietro, e sperare in Di Cesare. No. Non è possibile. E’ un’offesa al gioco del calcio. Mignani è stato l’unico a comprenderne i limiti e ottenere il massimo, ma questo evidentemente non è bastato. Al di là dei limiti, ovviamente, perché questa è una squadra strutturata male, molto male. E basta col sentirsi dire che, in fondo, “salviamo quello che di buono si è fatto”, basta per favore, così come basta sentirsi dire che “dobbiamo crescere”: ma cosa si vuol crescere ancora ad un mese dalla fine di questo maledetto torneo, per giunta con una squadra come questa? Bisogna fare di necessità virtù e provare a mettere in condizione lo scarso materiale a disposizione di giocare per quelle che sono le loro caratteristiche. A cosa serve insistere con tre centrali difensivi e due centrocampisti?
Non si è riusciti a cucire l’abito giusto a questo Bari rammendato. Ora bisogna giocare con la rabbia e con la disperazione di una squadra umile, ma il timore è che tra i tanti limiti e difetti ci sia anche la mancanza di umiltà nella rosa.
Squadra meno che mediocre, altro che ottimismo, le sensazioni sono brutte, l’orizzonte è parecchio nebuloso, bisogna sperare che si facciano i punti necessari per salvarsi. Se domani vince l’Ascoli i punti dalla C diventano tre.
Vorremmo davvero che questa agonia termini presto, che finisca l’incubo trovandoci possibilmente ancora in B.Massimo Longo